A seguito della decisione del Consiglio federale di introdurre un visto obbligatorio per i cileni (il che praticamente rendeva impossibile la loro partenza, perché recarsi all’ambasciata per richiedere il visto sarebbe stato troppo pericoloso) si promossero vie di entrata clandestine: grazie a biglietti d’aereo in bianco anticipati da Roberto Malan (un nipote di Rivoir, già capo della Resistenza nelle valli valdesi e all’epoca gerente di un’agenzia di viaggi) i profughi, protetti da ambienti della Chiesa cattolica cilena e giunti a Buenos Aires per vie non note, prendevao il volo per Milano, dove erano attesi da militanti dell’Azione posti liberi e accompagnati direttamente in Ticino (il passaggio della frontiera poteva avvenire in treno, in auto, in barca, a piedi) o accolti temporaneamente presso la comune di Cinisello Balsamo, di cui facevano parte alcuni valdesi, o in Piemonte. Una volta in Svizzera, i profughi presentavano la richiesta d’asilo, in attesa della quale venivano ospitati in molte case private del Ticino o di altri cantoni. Guido Rivoir fu il volto pubblico dell’organizzazione, ma a questa azione solidale parteciparono attivamente, in forme diverse, decine e decine di persone.