Il 5 febbraio 1945 Federica Spitzer e i suoi genitori, dopo due anni e mezzo di prigionia, poterono finalmente lasciare Theresienstadt su un treno diretto verso la frontiera svizzera. In due occasioni Federica aveva rischiato la deportazione ad Auschwitz, dove avrebbe trovato sicuramente la morte, ma il destino aveva deciso altrimenti.

Biglietto di convocazione per Federica Spitzer su un treno per Auschwitz, ottobre 1944.

«Convocazione. La informiamo che è stata inserita nel trasporto. Deve presentarsi oggi, sabato 14 ottobre, dalle ore 14.00 al più tardi alle ore 22.00 presso il punto di raduno, Langestrasse 3. Al ricevimento di questo invito, deve preparare immediatamente il bagaglio. Questo non deve superare il peso massimo di 30 kg, cioè al massimo 2 bagagli a mano (attrezzi e bacinelle per lavarsi non sono permessi). Il bagaglio deve essere portato da lei personalmente all’ingresso, in quanto non è previsto nessun servizio di assistenza per ritirare il bagaglio. Al fine di evitare misure ufficiali, l’arrivo puntuale è assolutamente necessario».

Biglietto con il quale Federica Spitzer fu stralciata («Ausgeschieden») dalla lista di chi avrebbe dovuto partire per Auschwitz.

«Il mattino successivo fummo informati dall’ordine del giorno che sarebbe stato organizzato un trasporto destinato alla Svizzera di 1200 persone selezionate secondo la nazionalità, con una percentuale predefinita. Potevano annunciarsi soltanto coloro che rispondevano ad alcune condizioni: non figurare fra gli intellettuali o le personalità di alto rango del campo, non avere parenti deportati da Theresienstadt verso l’Est, ecc. Noi rispondevamo a tutte le condizioni richieste» (Federica Spitzer, “Anni perduti”, 119)

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Federica Spitzer

(Vienna 1911 – Lugano 2002), di origine ebraica, scelse volontariamente la deportazione a Theresienstadt per salvare la vita dei suoi genitori. Scampata alla Shoah, testimoniò ai giovani delle scuole ticinesi l’orrore del Lager, ma anche l’irriducibile forza di resistenza degli esseri umani.

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Marietta Crivelli Torricelli

(Lugano 1853 – 1928), fondatrice della “Società di mutuo soccorso femminile”, delle “Case del soldato” e di numerose altre iniziative filantropiche, per tutta la vita si dedicò con energia e abnegazione ai bisognosi, tanto da essere soprannominata e nota in tutto il Cantone come la “Mamma dei poveri”.

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Francesco Alberti

(Montevideo 1882 – Bellinzona 1939), sacerdote cattolico, direttore del quotidiano «Popolo e Libertà» e amico di don Luigi Sturzo, fu tra i primi nel Canton Ticino a denunciare con fermezza le colpe e i pericoli del fascismo, nonché i soprusi della guerra di Spagna e di ogni totalitarismo.

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Carlo e Anna Maria Sommaruga

Carlo Sommaruga (Lugano 1902 – Roma 1955), diplomatico svizzero, a rischio della vita diede protezione a famiglie ebree perseguitate dai nazifascisti, ospitandole nella sua casa romana e a Villa Maraini. Sua moglie Anna Maria Valagussa (Roma 1905 – 1998), infermiera della Croce Rossa, si spese per aiutare rifugiati italiani riparati in Svizzera, indipendentemente dalla loro appartenenza sociale, politica o confessionale.

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Guido Rivoir

(Champdepraz 1901 – Lugano 2005), pastore valdese, antifascista e generoso sostenitore di persone in difficoltà, dopo il colpo di stato che depose nel 1973 il presidente Allende e inaugurò la dittatura di Pinochet fu tra i più convinti sostenitori dell’azione “Posti liberi per i rifugiati cileni”.

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