La presa di potere del generale Augusto Pinochet inaugurò una delle più feroci dittature del secondo Novecento, un regime sanguinario che sarebbe terminato soltanto nel marzo del 1990. Durante gli anni che lo videro presidente del Cile, Pinochet autorizzò torture, deportazioni e assassinii la cui entità non è mai stata veramente svelata ed è ancora soggetto di ipotesi. La memoria di quel tragico periodo è ancora ben viva nel popolo cileno, in chi è rimasto in patria come in chi si è trovato costretto a fuggire per ricostruirsi altrove una nuova vita.

«Fu così che il mattino dell’ottobre 1973, alle ore 05.00, si sono presentati a casa mia due agenti di Polizia e due militari i quali mi hanno arrestato. Non mi esposero le ragioni del fermo: dissero solo che “volevano parlare con me”. Fui accusato di aver trasportato delle armi il giorno 11 settembre 1973, giorno del “golpe”. Siffatta accusa l’ho negata in quanto, effettivamente, non mi ero reso colpevole di siffatto traffico. Lo stesso mattino sono stato torturato: mi bendarono gli occhi, mi misero un cappuccio, fui picchiato con pugni e calci da numerose persone: intuii che dovevano essere in molti. Le domande erano sempre le stesse: “Dove hai portato le armi? Dove hai portato le armi?” Stando in piedi, vestito, fui sottoposto a delle scariche elettriche, con degli elettrodi applicati alle mani, alla schiena. Quindi sono stato denudato e posto su lettiera in ferro. Mi furono applicati elettrodi in bocca, alle mani, alle gambe e persino ai testicoli, subendo così terribili scosse elettriche durante quasi quattro ore. Fui messo in carcere, assieme ad altri sei detenuti, in una piccola cella, senza luce: cella che non disponeva nemmeno di una sedia o di un letto» (testimonianza di un profugo cileno, raccolta dalla procura del Canton Ticino nel dicembre del 1974)

Il termine “desaparecidos” (scomparsi) è usato per indicare le persone arrestate dai regimi militari dell’America latina e poi scomparsi nel nulla (solitamente dopo essere stati detenuti e torturati in luoghi di detenzione segreti). In Cile si stima che i “desaparecidos” siano almeno un migliaio. Il fenomeno ha assunto proporzioni ancor più impressionanti in Argentina: durante il periodo della dittatura militare (1976-1983) sono scomparse più di diecimila persone (alcune stime parlano addirittura di trentamila).

Manifestazione nel Cile dei primi anni ottanta: dove sono i “desaparecidos”?

Il gruppo musicale cileno Inti-Illimani si trovava in tournée in Italia durante il colpo di stato di Pinochet. Impossibilitati a rientrare in patria per le loro posizioni politiche, ottennero asilo in Italia e rientrarono in Cile soltanto nel 1988. Durante la loro lunga permanenza in Europa divennero l’emblema del popolo cileno represso dalla dittatura.

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Federica Spitzer

(Vienna 1911 – Lugano 2002), di origine ebraica, scelse volontariamente la deportazione a Theresienstadt per salvare la vita dei suoi genitori. Scampata alla Shoah, testimoniò ai giovani delle scuole ticinesi l’orrore del Lager, ma anche l’irriducibile forza di resistenza degli esseri umani.

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Marietta Crivelli Torricelli

(Lugano 1853 – 1928), fondatrice della “Società di mutuo soccorso femminile”, delle “Case del soldato” e di numerose altre iniziative filantropiche, per tutta la vita si dedicò con energia e abnegazione ai bisognosi, tanto da essere soprannominata e nota in tutto il Cantone come la “Mamma dei poveri”.

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Francesco Alberti

(Montevideo 1882 – Bellinzona 1939), sacerdote cattolico, direttore del quotidiano «Popolo e Libertà» e amico di don Luigi Sturzo, fu tra i primi nel Canton Ticino a denunciare con fermezza le colpe e i pericoli del fascismo, nonché i soprusi della guerra di Spagna e di ogni totalitarismo.

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Carlo e Anna Maria Sommaruga

Carlo Sommaruga (Lugano 1902 – Roma 1955), diplomatico svizzero, a rischio della vita diede protezione a famiglie ebree perseguitate dai nazifascisti, ospitandole nella sua casa romana e a Villa Maraini. Sua moglie Anna Maria Valagussa (Roma 1905 – 1998), infermiera della Croce Rossa, si spese per aiutare rifugiati italiani riparati in Svizzera, indipendentemente dalla loro appartenenza sociale, politica o confessionale.

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Guido Rivoir

(Champdepraz 1901 – Lugano 2005), pastore valdese, antifascista e generoso sostenitore di persone in difficoltà, dopo il colpo di stato che depose nel 1973 il presidente Allende e inaugurò la dittatura di Pinochet fu tra i più convinti sostenitori dell’azione “Posti liberi per i rifugiati cileni”.

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