«Sulle porte e le vetrine dei negozi comparvero slogan nazionalsocialisti: “Gli ebrei sono la nostra disgrazia”, “Crepa, Giudeo!”» (Federica Spitzer, “Anni perduti”, 28)
Anche se l’avversione contro gli ebrei ha origini antiche e ritorna ciclicamente nella storia d’Europa, è solo nel XX secolo che assume dimensioni importanti e inizia a fondarsi su una concezione propriamente razziale. La persecuzione antiebraica aveva dato luogo già nella seconda metà del XIX secolo a clamorosi episodi di violenza in Europa orientale, detti pogrom. Legislazioni discriminatorie nei confronti degli ebrei sono inoltre rintracciabili nella maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale, al punto che l’antisemitismo finì per diventare un elemento culturale diffuso tra le masse popolari. In Germania, in seguito alle «leggi di Norimberga» (1935), gli ebrei furono allontanati dalla vita pubblica, fatti oggetto di persecuzioni e infine annientati sistematicamente nei campi di sterminio. Anche in Italia furono promulgate, a più riprese a partire dal settembre del 1938, le leggi per la “difesa della razza”, che di fatto annullarono i diritti degli ebrei e diedero avvio alla loro persecuzione in collaborazione con le autorità tedesche.
Süss l’ebreo (Jud Süß) è un film di propaganda antisemita diretto da Veit Harlan che uscì in Germania nel 1940. Il film, ambientato nel Settecento, racconta la storia di un tranquillo paese tedesco nel quale un ebreo di nome Süss (“dolce”) cerca con trame e inganni di dominare i suoi concittadini germanici.
La vignetta satirica fa riferimento a uno stereotipo largamente diffuso nell’Europa tra Otto e Novecento, ossia quello dell’ebreo che, giunto povero in un paese d’accoglienza, finisce per arricchirsi grazie alle relazioni all’interno della comunità ebraica e a una innata predisposizione per gli affari.
«Gli ebrei, la cui professione aveva in qualche modo a che fare con la cultura dovettero abbandonarla con effetto immediato. Gli impiegati ebrei persero il loro posto, le ditte ebree vennero “arianizzate”: i legittimi proprietari furono cioè cacciati per mettere al loro posto degli “Ariani”. Nessuno poteva opporvisi: i bambini ebrei furono espulsi dalle scuole e gli ebrei dovettero cucire sul petto (dalla parte sinistra di ogni abito) la stella gialla di Davide. Fu loro proibito di viaggiare sui mezzi pubblici e di camminare sui marciapiedi: il loro posto era sulla carreggiata. Famiglie intere vennero cacciate dalla loro casa e fu loro imposto di abitare con conosciuti, spesso nella medesima stanza» (Federica Spitzer, “Anni perduti”, 29)
Alcune stelle di David appartenute a Federica Spitzer (Archivio storico di Lugano, Fondo Federica Spitzer).
La stella di David, o meglio lo scudo di David, o anche sigillo di Salomone, è la stella a sei punte che, insieme alla Menorah, rappresenta la civiltà e la religiosità ebraica.
“La difesa della razza”, n. 1 (1938).
“La difesa della razza”, n. 11 (1939).
“La difesa della razza”, n. 19 (1941).
Per diffondere l’ideologia della politica razzista, inaugurata subito dopo la conquista dell’Etiopia (maggio 1936), nell’estate del 1938 il regime fascista creò una serie di strumenti culturali efficaci e capillarmente diffusi. Tra questi un posto di primo piano fu assegnato a La difesa della razza, rivista che ospitò contributi di vari intellettuali allineati con il Regime e che, nei primi anni dalla comparsa, toccò la tiratura delle 150’000 copie. Sulla copertina del primo numero della rivista un viso raffigurante la presunta “razza italica” viene diviso dalle “razze” ebraica ed africana. La scelta di una statua greca (il Doriforo di Policleto) nell’immaginario del lettore italiano rimanda al mondo classico della Roma antica: il viso marmoreo si presta a rappresentare la “razza italica”, inserendosi all’interno di una propaganda ideologica. Gli italiani venivano così raffigurati quali depositari delle virtù fisiche e spirituali degli antichi romani. Sempre all’ideale di “romanità” fa riferimento l’uso del gladio, l’antica spada delle legioni romane che fu uno dei simboli del fascismo italiano. I tre visi sono disposti in modo tale che la “razza italica” rimanga dietro ai due soggetti in primo piano contro cui si rivolge la discriminazione razziale, mentre le dimensioni dei visi seguono una regola inversa da quella prospettica: la maggiore grandezza del viso romano corrisponde alla sua presunta superiorità razziale.
L’espressione “soluzione finale del problema ebraico” indica la decisione presa durante la conferenza di Wansee, organizzata il 20 gennaio 1942 dal capo della polizia segreta tedesca Reinhardt Heydrich, durante la quale i più alti funzionari civili e della polizia tedesca discussero le modalità per porre fine al “problema ebraico”. La presenza sempre più massiccia di ebrei nei paesi occupati dall’avanzata delle forze dell’Asse durante la guerra aveva indotto le autorità del Terzo Reich ad adottare il piano di un loro sistematico annientamento. Attraverso il sistema dei campi di concentramento fu pianificata l’uccisione di 11 milioni di ebrei: di questi circa 6 milioni furono effettivamente sterminati.
I binari che portavano all’ingreso principale del campo di stermino di Birkenau (Auschwitz II), noto anche come “Il varco della morte” .
(fonte: Museo e memoriale di Auschwitz-Birkenau)
Nella sua lettera del 26 febbraio 1942, il primo documento nazista in cui si cita esplicitamente la “soluzione finale”, il capo della polizia segreta tedesca Reinhardt Heydrich, su richiesta di Hitler, chiede agli alti funzionari del partito di poter contare sul contributo di funzionari specializzati per la necessaria discussione dei dettagli organizzativi, tecnici e materiali relativi alla soluzione progettata. (fonte: Museo e memoriale di Auschwitz-Birkenau)
Un rapporto sull’antisemitismo prodotto dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, condotto in dodici Stati membri dell’UE (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Spagna, Svezia e Ungheria) e pubblicato il 10 dicembre 2018 ha rivelato un notevole aumento dell’antisemitismo agli occhi della comunità ebraica in Europa. Secondo lo studio demoscopico, l’85% degli ebrei interpellati dalla Commissione europea nota un aumento dell’antisemitismo negli ultimi cinque anni. Sulla base dei risultati emersi nel rapporto gli stati membri dovrebbero promuovere l’adozione di misure volte a prevenire l’antisemitismo nei piani d’azione nazionali, soprattutto organizzando iniziative in ambito educativo specificamente dedicate alla Shoah.
Nel 2000, in seguito alla pubblicazione di una sua intervista nel periodico “Tessiner Zeitung”, Federica Spitzer ricevette al proprio domicilio una busta contenente il ritaglio di giornale, sul quale erano state aggiunte a penna frasi chiaramente antisemite e addirittura di aperta minaccia.
«Voi Ebrei fate di tutto per non farvi dimenticare! “Theresienstadt” non è in Svizzera!! A Lei non è andata male, e quindi perché ?? Per gli Ebrei è tutto solo una questione di soldi !! Sia contenta di vivere in Svizzera e lasci stare questa vecchia merda! Ma appunto, ci sono i soldi. Purtroppo non tutti sono stati uccisi, questi parassiti avidi di denaro sono difficili da sterminare!! Cerchi di stare tranquilla, altrimenti…»