Terminata la formazione al Collegio Sant’Anna di Roveredo e al Seminario di Monza, dopo l’ordinazione sacerdotale (1905) don Alberti fu assegnato alla parrocchia di Bioggio, nella quale rimase fino al 1917. Furono anni di grande impegno nei più svariati ambiti: scrisse i primi articoli giornalistici (su “La famiglia” e la “Gazzetta dei lavoratori”), fu membro della commissione di musica sacra e fu tra i fondatori della Gioventù cattolica ticinese (1913). Nel complesso, i dodici anni trascorsi a Bioggio nelle vesti di un ordinario curato di campagna furono per don Alberti «il periodo più bello della mia vita».
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Il paese di Bioggio nella prima metà nel Novecento.
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Ancora Bioggio in una cartolina d’epoca.
Un ruolo importante nella sua attività professionale e sacerdotale ebbe da subito l’esperienza nell’esercito. Durante la prima guerra mondiale Francesco Alberti trascorse parecchio tempo con la truppa, nelle vesti di cappellano militare, e il suo legame con la realtà dei soldati fu sempre strettissimo, specie in momenti difficili come l’influenza spagnola (1917-18) che toccò duramente anche il battaglione dei militi ticinesi affidato alle sue cure spirituali. Memorie del tempo trascorso in grigio-verde entrarono più tardi, trasfigurate, nel suo romanzo “Il Voltamarsina” (1932).
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Con l’uniforme di cappellano dell’esercito svizzero.
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Un’altra immagine in uniforme.
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Al volante di un’auto dell’esercito durante un corso di ripetizione.
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Durante un’adunata dell’esercito nel primo dopoguerra.